Orto-Denzia

Mi stava stretta la dentiera.

E tu lo sapevi, fottuto luminare del
cazzo, dentista da quatto soldi.

Ogni volta ti chiamavo, mi visitavi e
gentilmente mi presentavi il conto salato.

Neanche avessi mangiato ostriche e
aragoste al “Gambero Blu” di Gabicce.

Tu, con il tuo sorriso da dentista e io
con la mia dentiera striminzita.

Te l’ho sempre spiegato, ma non mi hai
mai capito.

Tu che arrivi alle 11 in studio, vai in
ferie quando cazzo ti pare e non mi chiedi mai come sto.

Menefreghista scienziato dall’alito di
menta e con le tasche piene di baiocchi.

Questa volta è il tuo turno, questa
volta sarai tu a pagare.

La bolletta da saldare sarà bollente,
perchè ti spedirò all’inferno.

Certezze Incerte

Francisco Escobar de la Suerte, di anni
21, da sempre osannava il motto: “Chi s’accontenta è stronzo”.

Lo diceva a tutti e soleva ripeterlo
ogni mattina alle 7.15 davanti allo specchio, appena sveglio.

La vita per lui non era un passatempo,
ma qualcosa di magico, di estremo, di fantastico.

Il suo carattere era strano, estroverso
e timido allo stesso tempo.

Si credeva Dio.

Pensava che fermarsi ad un abitudine
sarebbe stato nocivo per la sua salute, non voleva lavorare così;
giusto per arricchire gli altri e perdere tempo di vita prezioso.

Voleva di più….

Voleva vedere il mondo, voleva
ascoltare i suoni della natura.

Poteva e avrebbe voluto essere diverso
dalla massa di persone dei “se” e dei “ma”.

Gente viva ma morta, personaggi in
grado di vivere senza un obbiettivo reale.

Francisco Escobar de la Suerte non
voleva appiattirsi, non sognava di allinearsi con gli altri.

Aveva una sola dannata vita, e voleva
viverla.

Voleva staccarsi dal gruppo, lo sapeva
di essere diverso.

Ogni mattina le 7.15 e ogni mattina la
stessa frase.

“Chi s’accontenta è stronzo”

Davanti allo specchio.

Alle 7.15 davanti allo specchio.

Sì, era diverso Francisco, lui il
coraggio ce l’aveva, lui avrebbe potuto dire:<<Domani parto>>
e sarebbe potuto partire l’indomani.

Diverso dalla massa.

Diverso dagli altri.

La sua priorità più grande era
vivere, era seguire l’istinto.

Ma era schiavo del suo destino
Francisco Escobar de la Suerte, un destino beffardo, una sorte già
scritta nel suo nome.

Povero Francisco.

Tante parole e pochi fatti.

Una sola frase.

Alle 7.15.

Davanti allo specchio.

Tanti progetti, tante idee, una sola
vita…..

Per anni la stessa identica frase.

Sempre rimandando la partenza al giorno
dopo.

Una vita sprecata.

Una sola vita…..sprecata a parlare.

“Chi s’accontenta è stronzo”

Francisco nacque accontentato.

Occasioni d’Oro

Richiuse distrattamente la pagina del
libro che stava leggendo da giorni e si alzò.

Il sole basso del tramonto e la
temperatura fresca di fine estate erano il contorno di una giornata
nella quale Andrea Moschetta comprese di aver perso un occasione
d’oro.

Quel libro lo aveva preso, si era
immedesimato; ogni sera dopo lavoro amava sedersi su quel pattino in
riva al mare e godersi l’aria del tramonto leggendo qualche pagina.

Era diventata un’abitudine, l’orario
era sempre lo stesso, il pattinoera sempre libero, il libro lo
stesso.

Quel giorno fu diverso.

Brezza da scirocco e odore d’autunno.

Languorino allo stomaco e macchina in
riparazione dal meccanico.

In acqua Ludovica Moretti, bella, nuda,
sola.

Andrea non se ne accorse, l’abitudine
lo aveva attanagliato, guardava sempre dalla stessa parte, un
paraocchi appoggiato sulle tempie.

Si sedette e cominciò a leggere.

Ludovica nuda e sola in acqua, voglia
di cazzo e patatine fritte.

Pronta a farsi fottere come una cagna.

Troia nei modi di fare, laida come
poche, eppure elegante, carina, bionda.

Troia la Ludovica.

Troia.

Andrea seduto, pagina 127, dispari,
l’ispettore e il suo intricato caso del cazzo.

A pochi metri la troia, nuda, sola,
bionda.

Aspettava solo di essere fottuta, la
puttana.

In attesa del cazzo.

Mezz’ora, tre quarti d’ora, un ora
passata…..Ludovica uscì dall’acqua, i capezzoli come due sassi e
la poca peluria bagnata.

Camminò sulla battigia per pochi
metri, si fermò davanti ad Andrea.

-Scopami.

Andrea sollevò lo sguardo, l’ispettore
si stava recando sul luogo del furto, guardò per un eterno secondo
la ragazza.

Nuda.

Bionda.

Troia.

……..

Posò di nuovo gli occhi sulla pagina,
la troia sparì; Andrea continuò per altri dieci minuti.

Sole coperto dalle nuvole.

Fresco.

Andrea si alzò richiudendo il libro
allo stesso modo del giorno precedente.

Guardò l’orologio.

Erano le 19.21.

Proprio come lunedì; allo stesso modo
di venerdì.

Tornò a casa, era giunto il momento di
tornare alla semplice e facile abitudine.

Direzioni Ortodromiche

Aveva solo un piccolo dubbio nella vita
il signor Simone Timone: fermarsi o andare avanti.

Rinomato per la sua mobilità e per la
sua fermezza nel mantenere la direzione presa, il signor Timone quel
giorno per la prima volta pensò.

Pensò a sé stesso e a ciò che aveva
fatto nel corso della sua vita.

Aveva vissuto tanti anno, sempre ritto
come un soldato, sempre sull’attenti, duro con sé stesso e con le
persone con cui da sempre aveva avuto a che fare.

Non aveva mai pensato prima di quel
giorno proprio perchè fin dalla sua nascita era stato educato
così……

Ribellarsi al sistema e alla normalità
non gli avrebbe permesso di trovarsi un lavoro sicuro, ma anzi gli
avrebbe solo portato guai seri, sarebbe stato vittima prima di cure
specialistiche e poi, forse, sarebbe stato accantonato.

Sentiva il peso degli anni, degli
acciacchi e delle botte prese; si era stufato.

Sempre reperibile, sempre manovrato da
qualcuno più in alto di lui.

Lo trattavano tutti quanti come un
oggetto, tutti i suoi comportamenti erano qualcosa di dovuto per gli
altri.

Il fatto è che prima di quel giorno
non si era mai lamentato, gli andava bene così.

Poi tutt’un tratto, quasi per caso aprì
gli occhi e capì che anche lui era importante, e non gli interessava
nulla del giudizio degli altri, sarebbe stato in grado di muoversi da
solo, trasportato solo dalla corrente degli eventi.

Il suo era un pensiero forte, potente,
capì che poteva liberarsi, che poteva vivere la sua vita da solo e
più forte di prima, senza aspettare sempre l’aiuto degli altri.

Era un pensiero rischioso, perchè
avrebbe significato lasciare le certezze di una vita per l’ignoto,
avrebbe voluto dire fregarsene altamente di tutto e di tutti.

Era un rischio troppo grosso……

Da una parte il sicuro, dall’altra il
rischio.

Fu un solo attimo, una
scintilla……la superficialità lo aveva stancato.

Virò su sé stesso e si liberò,
scivolando lentamente verso gli abissi e lasciando alla deriva i suoi
padroni.

Accontentarsi a 90°

“Fai l’abitudine a tutto…..”
dicono in molti!

Beh, ci sta, nella vita tutte le cose
prima o poi diventano normali oppure diventano cose a cui non fai più
caso.

Una povera ragazza di Modena con due
bimbi piccoli mi ha detto che non è contenta del suo lavoro e
aspetta le 18.00 ogni giorno per uscire da lavoro, che comunque va
bene così ed è ormai abituata.

…ormai abituata?

Accontentarsi e abituarsi è come
prenderlo in culo ripetutamente, le prime volte da fastidio, poi con
l’assuefazione non ci si fa più caso; lentamente si piega la schiena
e ci si prostra in avanti, a 90°, pronti un altra volta a prenderlo
in culo.

Zone di Comfort

Le zone di comfort sono pericolose.

Pericolose perchè ci si ferma e ci si
guarda avanti senza obbiettivi né stimoli, perchè si è già
arrivati e in fondo va bene così.

Tutto scorre gradualmente e tutto è
identico ogni giorno.

E’ pericoloso perchè non esistono
imprevisti né pericoli, di conseguenza si vive sapendo che non si
perderà mai nulla.

Allo stesso modo però non si vincerà
neppure mai nulla, e questo è deleterio, perchè si continuerà a
vivere in un fangoso limbo che servirà solamente a portarci
d’inerzia fino alla morte.

E’ una contraddizione.

Una sola vita.

Bisogna spaccarla, aprirla in due,
immergersi dentro, perchè aspettare morendo lentamente?

Che regole bisogna seguire?

In cosa bisogna credere?

Cosa si vuole veramente dalla vita?

Una sola possibilità bisogna
coglierla, bisogna sfruttarla……è per questo che non tutti sono
normali, c’è chi si accontenta e chi vuole di più; c’è il perdente
e c’è il vincente, ma c’è solo una vita e accontentarsi vuole dire
perdere in partenza, senza neppure lottare.

Essere guerrieri vuol dire spremere il
succo della vita, vuol dire ottenere molto da quel poco che si ha.

Ricchezze Povere

Da una parte gli obblighi, le
responsabilità; dall’altra la voglia di vivere e il fregarsene di
tutto e di tutti.

C’è la voce del cuore e appena lì
vicino la mente, pericolosa, a raccontarti cazzate, a distrarti e a
confonderti.

Più avanti vai, più diventi schiavo
della società e delle regole che ti vengono poste come dogmi.

Oramai sei abituato e il vivere nella
completa inerzia del fare tutto per fare nulla ti sembra normale.

Ma sei schiavo…..schiavo della tua
mente e degli influssi esterni.

Pericolosissimo, perchè perdi di vista
le cose veramente importanti: il vivere con gli altri, il
rapportarsi, vedere nuovi posti, esplorare il mondo.

Si sta perdendo di vista il punto di
partenza.

Guadagni molto e spendi tutto, mentre
prima guadagnavi il giusto e risparmiavi alla grande.

Se hai i soldi compri inutilità,
perchè in fondo cosa li tieni a fare?

Quando ne hai pochi invece li tieni lì,
decidi bene quali spese fare e magari vai in viaggio, cresci, fai
nuove esperienze.

Girare il mondo, conoscere nuovi stili
di vita e diversi modi di pensare……queste sono le cose da fare,
mica morire piano piano rinchiusi tra quattro mura vestiti con
scarpe, calze, pantaloni lunghi solo perchè l’importante è la forma
e non l’essenza.

E fuori il sole.

Non si può ribaltare così la piramide
della vita……

Meglio povero e felice che ricco e
triste.

Confusione di Mente

Avrebbe potuto scomporre i pensieri che
lo affliggevano, quel giorno di Maggio, Christopher.

Un puzzle di preoccupazioni e idee
nuove, come se un momento avrebbe potuto cambiare la sua vita.

Non era più quello di una volta, non
solo non aveva più stimoli ma non riusciva più a capire da che
parte dirigersi per ritrovare l’orientamento.

Nonostante non avesse mai avuto le idee
chiare, ogni volta che doveva prendere una decisione non esitava a
sfruttare il suo Ego per buttarsi a capofitto su qualcosa.

Purtroppo da qualche mese non era più
così, e la cosa gli pesava.

Era stanco, ma non sapeva realmente di
cosa.

Il Penitente

Il pesante odore di legno ammuffito e
di acero umido gli aveva ormai assuefatto le narici.

Intorno a sé il chiacchiericcio delle
persone era diventato una litania disordinata e senza filo logico.

I suoi piedi, appoggiati sul pavimento
appiccicoso, rovinato dalla quantità di birra rovesciata dai
clienti, faceva da sfondo alla sua solitudine e alla sua malinconia.

Non era un bel periodo per Casey
O’Connell, la sua vita, così media e superficiale, era arrivata al
capolinea.

Una sola cosa rendeva felici le sue
giornate e il suo umore: il bere.

Ma era una felicità passeggera, una
leggerezza fittizia, dovuta al fatto che il bere permetteva a Casey
di non pensare ai suoi problemi.

Il suo sguardo, fisso su quel liquido
ambrato e la sua mano, intenta ad afferrare il bicchiere di
cristallo, erano la fotografia della pessima condizione nella quale
verteva la sua vita.

Per quanto tempo avrebbe dovuto
soffrire per tornare alla normalità?

Cosa avrebbe dovuto fare per uscirne?

Le domande gli balenavano continuamente
in mente.

Mai una risposta alle tante domande.

Dove sarebbe finito?

Chi avrebbe dovuto chiamare per avere
un aiuto?

Si fermò a quella domanda, la sua gola
era secca, i suoi occhi lucidi.

Sorseggiò l’ultimo goccio di whiskey e
salutò…..erano ormai le 2.30 di mattina e c’era tempo per bere
l’ultimo drink in un altro locale.