Ferragosto: Spiaggia Libera

Entro in una realtà diversa.

Osservo.

Il mio occhio scannerizza volti, persone, comportamenti. La spiaggia libera al porto.

In prima fila gli organizzati: Ombrello colore fantasia, sedia pieghevole 13,90 € all’Ikea, due mazzi di carte scala quaranta e, affettato in vaschette di plastica, prosciutto crudo 1,90 € Ipercoop Le Befane.

Seconda fila: I ritardatari, stesi su semplici asciugamani sulla sabbia, dormienti, incuranti di quello che capita intorno.

Terza Fila: i poveri, marocchini, emigrati senza un euro in tasca, con una sola borsa piena di prelibatezze inscatolate di ogni genere. Noccioline, patatine, pistacchi.

Tutto acquistato al discount più economico della città.

Quarta Fila: La plebe, la marmaglia, quelli che le ferie solo il 15 di Agosto.

Quinta fila a seguire: I non classificati, quelli che tornano dalla discoteca alle 10 della mattina, con ancora il sapore di rhum in bocca e il lezzo di piscio all’interno dell’orlo inferiore dei jeans.

Spiaggia libera… ma non perché la spiaggia dev’essere selvaggia, perché non si paga è gratuita. Nel gratuito tutto è lecito.

Spiaggia libera sinonimo di povertà e non-curanza.

Il mare è peggio di una fogna. Per terra, in ordine alfabetico: bottiglie, mozziconi, plastica, tappi di plastica, vetri.

Mondezza di ogni genere in ogni forma e in ogni colore.

E piscio… piscio ovunque, uno schifo!

La fotografia del degrado.

1X2

Un triste e povero malato di mente si studia le geometrie di un cavetto d’acciaio, quello che porta tra le mani, al minuto quattro.

Proprio dietro a lui signora anziana, stile 70 anni, con le tette nude che prende il sole, leggendo un libro con una copertina color lilla, un harmony probabilmente.

Minuto 14: affondo del signore con il cappello di paglia che, con una rapida mossa, si sfila i calzoncini, rimanendo in costume.

Due ragazzi passeggiano, parlano di donne, o forse di motori… può darsi che parlino di donne e motori.

La fotografa per diletto scatta una fotografia al mare, senza alcun soggetto.

Solo mare.

Il bambino indica qualcosa a suo padre, al minuto 28.

Minuto 30: una coppia prende il sole sulla stessa brandina, nello stesso istante Riccardo Maresi, 26 anni, alza il braccio destro e lo allunga sulla superficie del mare. Questo movimento permette a Riccardo di affondare la 76esima bracciata consecutiva, così da continuare la sua solita nuotata pomeridiana.

Minuto 45. Fine primo tempo.

I gabbiani volano in cielo, la brezza di tramontana ha un intensità pari a 10 nodi e 3.

L’umidità ha appena toccato la soglia dell’82%.

Mario, il bagnino del bagno Carlo numero 66 sonnecchia all’ombra della cabina principale.

Passa qualche minuto, poi un fischio deciso e nitido proveniente da riva: il salvataggio richiama un bagnante.

Si rinizia: secondo tempo.

Ragazzo di 36 anni, costume a bermuda inguardabile comprato alla Standa, cammina sulla passerella con indosso i suoi occhiali da vista, comprati da Luxottica alla cifra di 59,99 €.

Gruppo di ragazzi tedeschi in cerchio.

In mezzo a loro mezzo litro di Birra Moretti rimasta dalla sera prima.

Ahmed, marocchino di 26 anni che ne dimostra almeno il doppio, gironzola tra gli ombrelloni, con 32 pareo tonalità fantasia.

<<Cocco Bello!>> urla il ragazzo napoletano del coccobello.

Siamo ormai al 75° minuto.

Rumore di ciabatte infradito maleducatamente strascinate a terra contro la passerella in cemento.

Uomo con i baffi esce in mare in canoa.

Da riva si vedono, verso l’orizzonte, le rande bianche dei Bavaria in navigazione al largo.

Ore 18.30.

Il Salvataggio ammaina la bandiera bianca, gli servirà ancora qualche minuto per recuperare tutti i suoi oggetti.

Minuti di recupero… come si direbbe in gergo calcistico.

Il sole cala e con lui la brezza.

Tutte le persone raccolgono i propri oggetti personali, asciugamani e ombrelloni compresi.

La spiaggia lentamente si svuota, rimangono solo lattine vuote, cicche di sigarette consumate e fogli di giornale letto per l’ultima volta alle 17.18 da un ragazzo di 26 anni.

Pulizie di bagnini, che fanno quel che possono.

Ingorgo sulla statale per tornare a casa.

Nella mente dei partecipanti e degli spettatori un provvisorio e labile ricordo della giornata appena passata.

Tutto il resto è futuro.

Pesche Particolari

Sigaro in bocca e zainetto in spalla.

Nello zainetto: 25 €, dei quali 6,35 in moneta, 4 chewing-gum Vigorsol (quelle verdi mentolate), due ami di ricambio, tre metri e mezzo di filo da pesca, un quantitativo standard di spago e tabacco… per il sigaro, quello che sta in bocca.

A parte la variabilità dei soldi e il numero delle cicche da masticare, Alfonso parte sempre da casa con questo set di materiali, quando sa di andare a pescare al lago.

Il lago non è pericoloso, non è uno di quei laghi dove la mamma ti dice che ci sono i gorghi e la gente muore inghiottita dalle alghe.

Al massimo c’è un po’ di melma, nel lago.

E Alfonso va lì, nel lago, perché l’acqua gli arriva al massimo 15 centimetri sopra le ginocchia.

In più va lì perché sa di incontrare, durante la pausa pranzo, i suoi amici: Sauro il panettiere, Michele Proietti l’informatico e il suo amico Gigi, pescatore di professione, appunto.

Alfonso e i suoi amici non pescano come tutti gli altri… hanno sì una canna, un mulinello e un amo attaccato ad un filo, ma la loro è più una danza, il loro è un walzer con gli inquilini del lago.

Non si fermano mai, quando sono dentro l’acqua.

Il primo movimento è ripetuto per tre volte di seguito, tre colpi di polso. Netti, rapidi. Tre colpi, il primo per portare l’estremità superiore della canna dietro le scapole, il secondo per portarla davanti alla fronte e il terzo uguale al primo, per posizionare l’estremità superiore dietro le scapole.

Per tre volte.

Poi lasciano partire il filo, lontano, ad una quindicina di metri davanti a loro.

Quando l’amo tocca la superficie d’acqua, e solo in quel momento, recuperano.

Ma non arrotolando il mulinello, il mulinello non lo usano quasi mai, potevano quasi non comprarlo quell’affare. Recuperano da sotto loro, dalla canna.

E così vanno avanti, ritmicamente, nel lago, fino a quando le labbra di Alfonso iniziano ad essere pizzicate fastidiosamente dal calore del sigaro, oramai totalmente consumato nella bocca del protagonista.

Solo a quel punto i quattro amici si possono congedare, uscendo contemporaneamente dall’acqua.

Il Letto del Fiume

Appoggiò il cane, il vento tra i capelli.

Il cane inerme, appoggiato a terra, dopo aver prevaricato il seno della sua padrona. Stava bene in quella posizione, Birillo, ma Caterina, la sua padrona, non era della stessa idea.

Il vento tra i capelli, arruffati, annodati: Rasta.

Caterina, con il suo bel viso da ragazza perbene e il suo sudicio olezzo: un misto tra cane bagnato e senegalese sudato dopo aver venduto qualche asciugamano al mare.

Era una ragazza paziente Cristina, non disprezzava i rapporti saltuari con gli uomini e, spesso, ne portava a casa qualcuno, dopo le pazze serate in discoteca.

Viveva da sola Cristina.

No… non viveva da sola, divideva il suo appartamento con Birillo, il cane appunto…

Si era sempre accontentata di tutto la ragazza, non aveva mai seguito i suoi obbiettivi e mai aveva ascoltato il suo cuore.

Appoggiò con cura Birillo, dicevamo.

Sull’orlo del fiume.

Dopo averlo accarezzato dolcemente alzò lo sguardo, verso gli alberi ritti sull’altra sponda del fiume.

Poi chiuse gli occhi ed iniziò a camminare.

Lentamente l’acqua le inondò le caviglie per salire alle ginocchia, e poi alla vita.

Fino ad arrivare al seno, il soffice seno, il preferito da Birillo.

In quel momento, quando l’acqua sommerse i capezzoli Birillo abbaiò.

Nervosamente.

Per ben due volte.

Ma Cristina non si girò.

Continuò, senza indugi a camminare, lasciandosi inghiottire dall’acqua, facendo, una volta per tutte, quello che sentiva in cuor suo.

L’Ultimo Raggio

Escogitare qualcosa alla svelta è d’uopo.

Obbligatorio.

Il tempo passa e dopo non c’è più tempo.

Ci hanno portato la frutta al tavolo, di conseguenza… siamo alla frutta.

Il tempo, silenziosamente ticchettante si muove in avanti.

Senza esibirsi in show d’altri temi, senza effettuare alcuna capriola roboante.

Il tempo scorre, alla medesima e invariata andatura di sempre.

Siamo convinti di assistere ad uno spettacolo e stiamo fermi, aspettando che qualcosa succada.

Ma non succede niente.

Andiamo avanti, attendendo ancora… ma non succede niente.

Se abbiamo atteso fino ad adesso possiamo fare uno sforzo in più, aspettando ancora.

Più avanti andiamo, più appassiamo come un fiore, in costante e inevitabile discesa, senza più la consapevolezza che in noi c’è ancora vita.

Ci manca la clorofilla, eppure il sole risplende ancora.

Liberiamoci dalla malinconia, aggrappandoci all’ultimo raggio di sole.

El Gringo de Putèna

Era fotografo Edoardo.

Edoardo Degustamantibus, fotografo per diletto… non per lavoro.

Con i suoi obbiettivi economici e la sua voglia di evadere.

Evadere dal mondo, lasciarsi andare, facendo scorrere i pensieri e immortalando momenti.

Momenti quotidiani, momenti solubili come un caffè americano.

Istantanee di un mondo che non riconosceva.

Edoardo.

Orgoglioso della sua solitudine, tipica di un fotografo per diletto.

Edoardo, con i suoi dubbi di folle ragazzino di periferia.

Il fotografo che non ti aspetti, quello che non diventerà mai famoso.

Il fotografo che con le sue istantanee non riesce a capire neppure se stesso.

Zoppicando

Flash!

Mi devo svegliare, sono le 2:00.

Non mi ricordo neanche più come si fa, una volta ne ero capace.

Fuori il caos, ma un caos umano, sopportabile.

Un bambino piange.

Vorrei mangiare una torta alla nutella, lo potrei fare, non diventerò mai un campione dello sport.

Mi sono fermato e non va bene, devo cambiare atteggiamento.

Leggo qualche libro, così per fare qualcosa, passo troppo tempo davanti al computer.

Dormo.

Non fisicamente, il mio sonno è mentale.

Il mio ronfare è caotico, russare è una condizione dinamica del mio staticismo.

Sono momenti brutti quelli dove non sai cosa fare per uscirne.

Melma.

Sto zoppicando, senza sapere che strada seguire per la guarigione.

Mani di Casellante

O’ Casellante,

quante mani tocchi tu di notte?

Penso a quante auto, quante persone, quanti volti incroci durante una giornata.

Sei fermo, chiuso nel tuo stanzino, seduto a fare conti.

Davanti a te molteplici persone si alternano in un variegato susseguirsi di direzioni.

C’è chi va al lavoro e chi in vacanza, c’è chi porta buone notizie o chi si appresta a riceverne di cattive.

Io questa notte, pisciando su un guard-rail di lamiera penso alle mie mani e al fatto che tra poco sfioreranno le tue.

Attesa al Porto

Le spalle curve e quella lunga stecca di carbonio protesa davanti a me.

La mia canna.

Comprata a Rimini, nel negozio specializzato sito in via Pazzini numero 12, vicino al borgo.

L’ho anche pagata molto la mia canna, anche se Edoardo, il proprietario del negozio, mi ha assicurato di avermi fatto il miglior sconto possibile.

Prenderò qualche pesce?

Non lo so… in ogni caso in questo momento mi piace perdermi tra i miei pensieri, ascoltando i suoni del porto.

Pesco al porto, anche se l’acqua non è pulitissima. Ma almeno penso, visto che durante la settimana lavoro.

Ho sentito uno strattone!

Ah no… mi sono sbagliato.

Va bene lo stesso…

Resto in attesa un altro po’.

Vita (In una Giornata di Maggio)

Era una giornata di Maggio, o forse di Aprile…

In ogni caso una giornata Primaverile.

Con la marea bassa e il mare in Bonaccia…

io ancora non ho del tutto perso la faccia.

Metto in moto la mia carretta, con le gambe vado a manetta…

sono un maestro della Bicicletta.

Sotto casa è la mia gita, pedalando con bacino e vita…

sorrido pensando a quanto è bella la VITA!

Senza Segreti

Quando la signora Mirella scoprì inaspettatamente il tradimento del marito Giorgio con una ragazza più giovane di vent’anni, si inalberò.

Si arrabbiò talmente tanto da non rivolgere più parola a suo marito per una settimana intera.

Non poteva sfogarsi con nessuno, i due infatti non avevano figli, i parenti di Mirella vivevano lontano e lei non aveva alcuna amica con cui confidarsi apertamente.

L’arrabbiatura di Mirella si trasformò, col passare del tempo, in rassegnazione che poi si trasformò a sua volta in accettazione.

Da quel giorno Mirella, ogni sera a cena, cucina e apparecchia per tre persone.

Questo le permetteva, anche se era obbligata a dover gettare nella spazzatura un pasto ogni sera, a non aver segreti con il marito.

 

Il Rumoroso Bambino Spocchioso

Il bambino di Milano è in vacanza al mare.

Tra due giorni partirà per tornare a casa, ma non ne ha voglia. La sua erre moscia e la sua spocchia da bambino di città sono immerse e circondate nella natura.

Intorno a lui gli uccelli cinguettano, la brezza lo accarezza e il sole lo asciuga.

Il bambino di Milano è triste, tra due giorni tornerà nella sua metropoli, per essere circondato e intriso nel cemento.

Capirà troppo tardi nella sua vita che il tempo per costruire castelli di sabbia si esaurisce in un batter d’occhio.

Autorjtinera: Rassegna a Tredozio

Autorjtinera a Tredozio, venerdì 15 luglio 2011 Dove: Tredozio (Forli).

Tornano gli appuntamenti estivi a Tredozio con la rassegna di autori in Romagna.

Programma

venerdì 15 luglio ore 18.00
Centro Visite  – Via Fabroni 20
Presentazione del libro: Sulle spalle del Canguro  di Francesco Maestri – Ed. Giraldi

Giovedì 28 luglio ore 20.30
Palazzo Frassinetti
Presentazione del libro: Il Badante  di Giovanna Capucci Ed. Il Ponte Vecchio

Sabato 27 agosto ore 20.30
Centro Visite  – Via Fabroni 20
Presentazione del libro; Un viaggio da fare con gli occhi di Aurora Domeniconi – Ajetti editore

Sito dell’evento
http://www.comune.tredozio.fc.it

Tariffe
Ingresso: gratuito

Per informazioni
Comune di Tredozio
e-mail. segreteria@comune.tredozio.fc.it
Tel. +39.0546.943937

Rassegna Suggestioni d’Autore

Da Kerouac a Zunflaz, dalle onde di Viserbella a quelle dell’Oceano Pacifico, dal kite-surf al primo romanzo. Francesco Maestri racconta una storia originale in “Sulle Spalle del Canguro”, la sua.
Una laurea in informatica a 25 anni, bagnino sulle spiagge di casa d’estate, una passione per il kite-surf e la sensazione che ancora manchi qualcosa. In fondo non ha mai amato l’informatica. Allora Francesco Maestri, in arte (anzi in rete) Zunflaz, non ha fatto scommesse sulla figlia del droghiere tra i gelati e le bandiere, ma è partito all’avventura, Stati Uniti, Brasile, Europa, ma soprattutto Australia, pronto a raccogliere le sfide. E ha preso la penna in mano. Non sarà (ancora) un caso editoriale, ma a 29 anni vede pubblicare il suo primo romanzo, Sulle Spalle del Canguro.

Paradossalmente, ma non troppo, la trama del romanzo rovescia la storia di Zunflaz. Il ragazzo protagonista non è romagnolo, ma di Novara. E’ comunque “confuso e attorniato da mille dubbi” e per cambiar vita decide nientemeno di andare a Rimini, dove ad attenderlo c’è sì un bagnino romagnolo, ma vecchio, burbero e silenzioso.

Zunflaz, non è vecchio, non è burbero e non è silenzioso. Ma il romanzo di Federico, il protagonista, si dipana in tanti episodi di vita vissuta, e soprattutto con una relazione con il mare, che finalmente riesce a dare qualche risposta al ragazzo confuso.

Beffe Sottocasa

Non era una cattiva ragazza, Eveline.

Tutt’altro.

Disponibile, intelligente, molto carina.

Ma aveva un difetto: era superstiziosa.

Credeva forsennatamente alle storie di santoni orientali e guaritori tibetani.

Pensava che i suoi disturbi fisici fossero la conseguenza di un particolare e improvviso disallineamento di astri lontani.

Si faceva prendere facilmente dall’ansia e dalla paura di vivere.

Per superare le sue paure e guarire fisicamente, decise perciò di iscriversi a costosissimi corsi di pratiche tantriche e respirazioni Kundalini.

Spese una fortuna in: “Respira e Godi” conferenza tenuta dal professor Augusto Abbondanza, “Prendi il Tantra e infilalo in quella parte” corso tenuto dal Gran Maestro Ocho e “Respira 6 volte al giorno”, allenamento che le insegnò a respirare in maniera molto rumorosa.

Insomma, spese migliaia di euro in corsi e seminari.

La beffa avvenne solo molti anni dopo, ossia quando Eveline scoprì di avere sotto casa un tranquillo e isolato parco comunale nel quale ci si poteva rilassare facilmente ascoltando il cinguettio degli uccellini e ammirando il paesaggio.

Almidoro

Almidoro era un giovane ragazzo di città.

Adorava, come tanti suoi coetanei d’altronde, giocare a calcetto con gli amici, spendere soldi in aperitivi il sabato sera e parlare di politica.

Poi aveva una vita normale: casa, lavoro da impiegato, programmi televisivi preferiti.

Non adorava andare in vacanza né giocare con il computer.

Poi, improvvisamente, un giorno si svegliò e, dopo aver deciso di voler tornar bambino, fece le valigie e partì.

Catalogazioni

<<Tu sei un 6>>.

<<Te, li, con le gambe corte, sei un 5 e mezzo>>.

<<Lei invece, signore… !>>.

<<… Signore, lei è un 8>>.

<<Come un 8? Perché?>>.

<<Si vede dal dito, lo vede? Vede che è ad uncino? Quello è il segno che lei è un 8!>>.

Catalogare.

Giudicare.

Votare esprimendo giudizi.

Me n’ero accorto da tempo che quella puttana di una zingara stava cercando di cambiare le abitudini del nostro paese, ma non pensavo potesse essere un fatto pericoloso, non ci avevo dato importanza.

Ero rimasto zitto, come sempre…

Mi ero lasciato scivolare gli eventi di dosso, osservandoli da mero spettatore.

Ma adesso era troppo tardi.

La zingara era arrivata tre anni fa in paese, con il suo fagotto puzzolente e la sua bocca addobbata di denti d’oro.

Inizialmente nessuno ci fece caso.

Fu trattata come una mendicante, tenuta a distanza da tutti.

Il nostro è sempre stato un paesello di periferia e i pochi viandanti che sostavano per qualche giorno erano trattati con diffidenza.

I giorni diventarono settimane, le settimane mesi e i mesi le permisero di integrarsi.

La svolta fu quando la moglie del Dottor Punzecchia si rivolse a lei dopo la misteriosa perdita del figlio.

La puttana zingara le lesse il passato e il futuro con le carte e quello fu l’inizio della fine.

Fece presto la voce a spargersi e lentamente la zingara prese possesso di noi, delle nostre anime, del nostro paese.

Osvaldo Pecci, il signor Gustavelli, persino la scettica Ninetta Guardalavaca si fecero leggere il futuro da lei.

Iniziò in quel modo, quasi fosse un gioco.

Ma ora ci cataloga, ci da un numero e delle regole.

E noi ci siamo convinti.

Ascoltiamo la zingara e ci cataloghiamo.

Non siamo più i veri noi stessi ma ci comportiamo per come ci dice lei.

Io ancora non mi sono fatto avvicinare, ma so che arriverà la mia ora.

Ogni mattina mi sveglio e sento quei suoi occhi graffiarmi addosso, sento la sua presenza pesante che mi osserva per capire le mie mosse e succhiarmi l’anima.

Vorrei fuggire, ma più ci provo, più mi trovo aspirato verso di lei.

Sono in trappola.

Puttana di una zingara!

Ricorrenze Annuali

Ponte Vecchio.

13 Agosto.

Afa mondiale, i cani seduti all’ombra respirano affannosamente, con la bocca aperta e la rugosa lingua danzante a intermittenza.

A Ponte Vecchio, località della Toscana collinare, ogni 13 Agosto la stessa storia.

Un afa tremenda, un abitudine che si ripropone ogni 13 Agosto.

Anche se nei paesi limitrofi piove, anche se in Toscana nevicasse.

Non nevicherà mai in Toscana il 13 Agosto, ma a Ponte Vecchio fa caldo.

Succedono scene apocalittiche.

I vecchi accendono i condizionatori e i ventilatori, che immediatamente si sciolgono per il troppo calore.

I bambini si immergono nella piscina comunale, tuffandosi in un acqua che raggiunge la temperatura di 60°.

Le donne, tutte nude, cercano scampo all’ombra.

I più sofferenti cercano riparo in anfratti o in cantine sotterranee, ma anche lì la temperatura non scende mai sotto ai 30°.

Poi, alla mezzanotte del giorno 13 Agosto di ogni anno, tutto torna alla normalità.

E se chiedi a qualsiasi abitante di Ponte Vecchio cosa succede ogni 13 Agosto nella sua città, ti dice che non lo sa, perché tutti quanti se ne scordano in fretta.